«L’architettura della Pace»

Alcuni momenti e scatti di dicembre 2021 e avvisi di dicembre 2022 Scarica l’articolo

«Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace» (Is 52,7). Le parole del profeta Isaia esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte. Su di esso il profeta Baruc si interrogava: «Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi?» (3,10-11). Per questa gente, l’avvento del messaggero di pace significava la speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l’inizio di un futuro luminoso. Ancora oggi, il cammino della pace, che San Paolo VI ha chiamato col nuovo nome di sviluppo integrale, rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa.

 

Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace.

In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona.[3] Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.

Vorrei qui proporre tre vie per la costruzione di una pace duratura. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per «dare vita ad un patto sociale»,[4] senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente.

Dialogare fra generazioni per edificare la pace

In un mondo ancora stretto dalla morsa della pandemia, che troppi problemi ha causato, «alcuni provano a fuggire dalla realtà rifugiandosi in mondi privati e altri la affrontano con violenza distruttiva, ma tra l’indifferenza egoista e la protesta violenta c’è un’opzione sempre possibile: il dialogo. Il dialogo tra le generazioni».

Ogni dialogo sincero, pur non privo di una giusta e positiva dialettica, esige sempre una fiducia di base tra gli interlocutori. Di questa fiducia reciproca dobbiamo tornare a riappropriarci! L’attuale crisi sanitaria ha amplificato per tutti il senso della solitudine e il ripiegarsi su sé stessi. Alle solitudini degli anziani si accompagna nei giovani il senso di impotenza e la mancanza di un’idea condivisa di futuro. Tale crisi è certamente dolorosa. In essa, però, può esprimersi anche il meglio delle persone. Infatti, proprio durante la pandemia abbiamo riscontrato, in ogni parte del mondo, testimonianze generose di compassione, di condivisione, di solidarietà.

Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e dello scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa.

Mentre lo sviluppo tecnologico ed economico ha spesso diviso le generazioni, le crisi contemporanee rivelano l’urgenza della loro alleanza. Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani.

Le grandi sfide sociali e i processi di pacificazione non possono fare a meno del dialogo tra i custodi della memoria – gli anziani – e quelli che portano avanti la storia – i giovani –; e neanche della disponibilità di ognuno a fare spazio all’altro, a non pretendere di occupare tutta la scena perseguendo i propri interessi immediati come se non ci fossero passato e futuro. La crisi globale che stiamo vivendo ci indica nell’incontro e nel dialogo fra le generazioni la forza motrice di una politica sana, che non si accontenta di amministrare l’esistente «con rattoppi o soluzioni veloci», ma che si offre come forma eminente di amore per l’altro,[7] nella ricerca di progetti condivisi e sostenibili.

Se, nelle difficoltà, sapremo praticare questo dialogo intergenerazionale «potremo essere ben radicati nel presente e, da questa posizione, frequentare il passato e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla storia e per guarire le ferite che a volte ci condizionano; frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze. In questo modo, uniti, potremo imparare gli uni dagli altri».[8] Senza le radici, come potrebbero gli alberi crescere e produrre frutti?

Basti pensare al tema della cura della nostra casa comune. L’ambiente stesso, infatti, «è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva».[9] Vanno perciò apprezzati e incoraggiati i tanti giovani che si stanno impegnando per un mondo più giusto e attento a salvaguardare il creato, affidato alla nostra custodia. Lo fanno con inquietudine e con entusiasmo, soprattutto con senso di responsabilità di fronte all’urgente cambio di rotta,[10] che ci impongono le difficoltà emerse dall’odierna crisi etica e socio-ambientale[11].

D’altronde, l’opportunità di costruire assieme percorsi di pace non può prescindere dall’educazione e dal lavoro, luoghi e contesti privilegiati del dialogo intergenerazionale. È l’educazione a fornire la grammatica del dialogo tra le generazioni ed è nell’esperienza del lavoro che uomini e donne di generazioni diverse si ritrovano a collaborare, scambiando conoscenze, esperienze e competenze in vista del bene comune. (tratto dal messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale della pace 2022)

 

Ecco dunque il calendario liturgico e alcuni appuntamenti di gennaio 2022:

 

1 Sabato – Maria Santissima Madre di Dio

Messe con orario festivo

2 Domenica – Epifania del Signore

3 Lunedì – Santissimo Nome di Gesù

4 Martedì- Martedì dopo l’Epifania

5 Mercoledì- Mercoledì dopo l’Epifania

6 Giovedì – Giovedì dopo l’Epifania

7 Venerdì – Venerdì dopo l’Epifania:

San Raimondo di Peñafort, sacerdote

8 Sabato – Sabato dopo l’Epifania

9 Domenica -Battesimo del Signore

10 Lunedì della I settimana del Tempo Ordinario

11 Martedì della I settimana del Tempo Ordinario

Ore 17,00 – incontro catechisti

12 Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario

13 Giovedì della I settimana del Tempo Ordinario

-Sant’Ilario di Poitiers, vescovo.

14 Venerdì della I settimana del Tempo Ordinario

15 Sabato della I settimana del Tempo Ordinario

Ore 15,00 – Oratorio

Catechismo dopo messa

16 II Domenica del Tempo Ordinario

Catechismo dopo messa

17 Lunedì – Sant’Antonio, abate

18 Martedì della II settimana del Tempo Ordinario

Ore 19,00 – incontro gruppo missionario

19 Mercoledì della II settimana del Tempo Ordinario

20 Giovedì della II settimana del Tempo Ordinario – San Fabiano, San Sebastiano, martire

21 Venerdì – Sant’Agnese, vergine e martire

22 Sabato della II settimana del Tempo Ordinario – San Vincenzo, diacono e martire

Ore 15,00 – Oratorio

Catechismo dopo messa

23 III Domenica del Tempo Ordinario

Catechismo dopo messa

Ore 17,00 – adorazione eucaristica

24 Lunedì San Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa

25 Martedì – Conversione di San Paolo, apostolo

26 Mercoledì – Santi Timoteo e Tito, vescovi

27 Giovedì della III settimana del Tempo Ordinario – Sant’Angela Merici, vergine

28 Venerdì – San Tommaso d’Aquino.

29 Sabato della III settimana del Tempo Ordinario

Ore 15,00 – Oratorio

Catechismo dopo messa

30 IV Domenica del Tempo Ordinario

Catechismo dopo messa

31 Lunedì – San Giovanni Bosco, sacerdote

 

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La virtù che più è gradita al Signore è proprio l’umiltà. Non cerca il palcoscenico. L’umile non parla di se stesso. Non si mette in mostra. Si crede sempre peccatore. Fino all’ultimo dei suoi giorni teme il Signore ed è convinto di andare all’inferno. Questa intima consapevolezza di essere peccatore lo porta non a giudicare o, meglio ancora, a condannare nessuno. Se ha ricevuto dei carismi particolari dal Signore, è felice ma ha la forza di rimanere umile. Che bello essere umile e magari neanche accorgersene. Spesso, nel giudicare non si ha l’idea del male che si possa fare. Quando ci si incontra, le prime nostre parole sono spesso di negatività, sembra che diamo più energia se parliamo male di qualcuno o mettiamo sul piatto i nostri problemi, quando invece li dovremmo consegnare al Signore.

La Medicina ? È dietro l’angolo, basta solo volerla cercare; una santa confessione sincera, e poi pregare il Signore. Una pianta senza acqua è destinata a seccare, ma con l’acqua quotidiana dona frutti su frutti.

Siamo al nuovo anno, perchè non ci facciamo nuovi nello spirito e ci togliamo la polvere che abbiamo addosso? Come sono vere le parole di San Pio da Pietralcina: “qualora si andasse a confessarci frequentemente l’inferno sarebbe vuoto”.

L’umile è consapevole del fatto che tutto quello che è, è dovuto alla misericordia di Dio. Ecco perché lo sguardo di Dio è sull’umile. Più l’umile si nasconde, più Dio lo esalta davanti agli uomini. Dio crea delle situazioni nelle quali l’umile manifesta la gloria di Dio. San Filippo Neri; più nascondeva i carismi, più il Signore li rivelava alle persone che lo seguivano. I carismi che il Signore dona all’umile sono come il fuoco che niente e nessuno può contenere. I biografi ci raccontano che non si poteva stare accanto a San Filippo Neri quando pregava perché dal cuore del Santo usciva un fuoco ardente di amore. La santità di un uomo non rimane nascosta, ma è come il sole che, uscendo al mattino dietro al Vesuvio, illumina tutta la città di Napoli. Ed è uno spettacolo meraviglioso…

 

La santità non ha bisogno di pubblicità. Solo Dio sa chi è veramente santo.
Per questo motivo, al dovremo svegliarci dicendo a se stessi: “Oggi mi voglio convertire!”.

La benedizione del Signore scenda su ognuno di noi.
Tony

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