“…Non si può mai dire di no ad un’offerta di amore”
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È stata un estate, per la nostra comunità, all’insegna dell’equilibrio; momenti di riposo, di attività, lettura e preghiera. L’esperienza bella e attraente dell’estate ragazzi ha visto coinvolti più di 80 bambini. Un buon numero di questi bambini ha poca o nessuna esperienza religiosa e quindi, anche quest’anno, è stato un momento importante di annuncio della parola e di testimonianza della vita buona in Cristo Gesù. La nostra preghiera, pensiero e sollecitudine

accompagna ancora questi bambini e le loro famiglie. Un ringraziamento sincero ai nostri animatori, che pur essendo di giovane età hanno saputo impegnarsi senza riserve nel caldo torrido di quest’estate.

Un esperienza molto più sfidante l’abbiamo vissuta a Platì, un paese di 2500 abitanti dell’Aspromonte calabrese, “sede” della più forte e radicata organizzazione criminale, la ndrangheta. Ciononostante, abbiamo ricevuto una bella accoglienza dalla gente, buono e abbondante cibo dalle famiglie, amicizia sincera dai padri missionari che vi operano, un inaspettato calore dai ragazzini senza casco, a volte senza patente che girano in moto per la maggior parte nemmeno senza targa. Ragazzi che respirano un clima umano abbastanza pesante fatto di sopraffazioni, furbizie e violenze. Donne che non escono di casa se non accompagnate e per i soli impegni importanti, e cioè, andare in chiesa, a fare la spesa, portare i bambini a scuola. Abbiamo incontrato “giovinastri” che in realtà sono buoni e sono solo alla ricerca di svago in un paesino senza niente, assetati dalla voglia, come tutti i ragazzi di essere considerati e bisognosi di punti di riferimento solidi e certi in un paese di “quattro pastori” che però controllano mercati illegali transoceanici tra la Colombia, l’Australia, l’Africa e l’Italia. Lì, abbiamo svolto una settimana di estate ragazzi con un altrettanto ottantina di ragazzi. È stato un’opportunità per i nostri ragazzi di toccare con mano che cosa vuol dire la malavita, l’illegalità.

Nel mese di agosto, più tranquillo, in una Torino abbastanza vuota, la comunità dei padri ha potuto prendersi qualche giorno di riposo e condivisione in vista della programmazione pastorale in un clima di familiare, accolti e coccolati da una famiglia amica, nel cuneese.

L’ultima delle esperienze è stata a Galatina, in Puglia, dove tra il 20/26 agosto, ha preso via la terza edizione del cosiddetto “1000 mondi in Missione”; un campo estivo organizzato dai missionari della Consolata per adolescenti e giovani.

Un momento anche questo significativo: abbiamo riflettuto sul martirio seguendo le orme degli 800 martiri di Otranto. Alla scuola di don Tonino bello e delle beate suore missionarie della Consolata – Irene Stefani e Leonella Sgorbati abbiamo approfondito il tema della missione. Naturalmente non sono mancati momenti di svago e di comunità tra mare, tornei di calcio e intrattenimenti vari.

Proponiamo quindi la lettura sui martiri di Otranto come meditazione per il mese di settembre che ci vedrà impegnati nella programmazione delle attività dell’ottobre missionario e dell’intero anno pastorale.

‘Christi nobiles Atletae’

“Mi ha sempre catturato una delle definizioni più classiche dei nostri Beati Martiri, racchiusa nell’inno ufficiale che si canta in latino nella liturgia di questo giorno solenne: ‘Christi nobiles Atletae’ (Nobili atleti di Cristo). Quella dell’atleta è una categoria che, pur appartenendo al linguaggio sportivo, è ricca di tante sfaccettature. Si diventa atleti per raggiungere un traguardo. Se il traguardo tiene, vale la pena mettersi in gara, vale anche la pena allenarsi, altrimenti è meglio lasciar perdere e rinunciare a qualsiasi pista. Il traguardo indicato dai Martiri è straordinario ed è anche possibile. È il più grande dono cui si possa ambire: è la vita. Il diventare atleti presuppone infatti una scelta: quella di scendere nella pista della vita da protagonisti.

Non si ammettono deleghe, non si tollerano ritardi. ‘Ora è il momento favorevole!’: ci dicono i Martiri e ce lo ripetono accoratamente i tanti testimoni del Vangelo. L’atleta è colui che sa cogliere con un saggio opportunismo il momento favorevole, l’occasione giusta’ anche se questa si presenta con il segno della croce. Non si può mai dire di no ad un’offerta di amore, anche se questa chiede di cambiare radicalmente la vita.

Ad ogni atleta è richiesto un lungo periodo di allenamento, intessuto di tenacia, per la quale è necessario predisporre la volontà alla fatica. È necessario il paziente e quotidiano coinvolgimento di tutta la persona: il suo cuore, la sua mente, il tempo, le energie fisiche, la libertà. Cosicché parafrasando l’espressione di Tertulliano si potrebbe dire che ‘atleti non si nasce, si diventa”. (Mons. DONATO NEGRO, arcivescovo di Otranto)

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